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INTRODUZIONE

Un fotorivelatore è un sensore sensibile alla luce che converte fotoni in un segnale elettrico rilevabile. I fotorivelatori sono una componente essenziale per una vasta gamma di dispositivi ed applicazioni, rappresentando il componente critico di sensori d’immagine ed ambientali nell’elettronica di consumo, nell’imaging biomedicale, nel monitoraggio delle linee di produzione nel settore alimentare e manufatturiero. A livello globale, si prevede che nel 2022 il mercato dei fotorivelatori sarà cresciuto di 1,73 miliardi di dollari rispetto ai 5 anni precedenti [1]. Ad oggi, la parte più ampia di tale mercato è rappresentato da fotorivelatori al silicio, la cui applicazione, in fette di mercato in rapido sviluppo quali l’elettronica flessibile, è però fortemente limitata dalla loro mancanza di flessibilità e dalla fragilità meccanica. In tale settore, i materiali bidimensionali, ed in particolare il grafene che rappresenta ad oggi la tecnologia più matura, offrono l’opportunità per una eccezionale crescita di valore di mercato, ed al contempo, promettono un profondo impatto socio-economico nel campo della Salute e della Green Economy [2]. Il grafene, in particolare, coniuga all’eccezionale robustezza meccanica ed allo spessore atomicamente sottile proprietà optoelettroniche uniche come l’ampia e piatta larghezza spettrale di banda e l’elevata mobilità dei portatori di carica. Quest’ultima è un parametro chiave del fotorivelatore, in quanto ad essa è proporzionale il guadagno del dispositivo [3]. La mobilità inoltre determina il tempo di transito dei portatori attraverso il canale del transistor e la sua frequenza di cutoff [4].


Il grafene ideale, singolo strato, free-standing, ottenuto per esfoliazione dalla grafite, può raggiungere a temperatura ambiente (RT) una mobilità dell’ordine di 10^5 cm^2/ Vs [5], limitata esclusivamente dallo scattering elettrone-fonone [6]. In pratica, tuttavia, la mobilità effettiva del grafene tipicamente utilizzato in dispositivi elettronici ed optoelettronici si riduce fortemente, aggiungendo comunemente nei fotorivelatori su substrati flessibile a basso costo per applicazione al mercato di massa valori dell’ordine di 1000 cm^2/ Vs [7]. Questa drastica riduzione di mobilità è dovuta a due fattori: 1. Lo scattering dovuto ai bordi di grano nel grafene policristallino, che è il materiale di uso comune; 2. residui di polimetilmetacrilato (PMMA) utilizzato nei processi di trasferimento wet del grafene sintetizzato per CVD dal substrato metallico di crescita verso il substrato di applicazione. In effetti, lo sviluppo di dispositivi per il mercato di massa e a basso costo necessariamente implica l’uso di grafene cresciuto per CVD e non esfoliato dalla grafite, poiché il processo di crescita CVD è scalabile a livello industriale. Sebbene processi di trasferimento del grafene cresciuto su metalli (Cu, in particolare) che preservino alta mobilità siano stati elaborati [8], si tratta di processi complessi, che richiedono la crescita e l’ausilio di ulteriori materiali 2D come h-BN e che, soprattutto, non sono scalabili al trasferimento del grafene sulla scala del wafer.


In questo progetto, proponiamo di utilizzare come canale di un fototransistor su substrato flessibile grafene singolo strato monocristallino cresciuto per CVD su germanio e trasferito mediante processi dry privi di eventuali contaminazioni di PMMA che compromettano la mobilità su substrato plastico. Il grafene cresciuto per CVD su germanio infatti raggiunge mobilità dell’ordine di 20000 cm^2/ Vs [9] a RT, mobilità  che rimangono maggiori di 10000 cm^2/ Vs dopo il processo di trasferimento su un substrato diverso dal germanio [10], risultando quindi migliore di un fattore almeno 10 rispetto al grafene comunemente utilizzato nei fototransistor su substrato flessibile proposti, come sensori indossabili per il monitoraggio di segnali vitali, nel recente panorama di letteratura [7] e comparabile con i record assoluti riportati su substrato flessibile ottenuti utilizzando grafene esfoliato dalla grafite e non cresciuto per CVD [11]. A ciò si somma il notevole vantaggio, dal punto di vista della scalabilità a livello industriale e dell’economicità della proposta, che il grafene possa essere cresciuto per CVD come singolo cristallo su scala del wafer (riutilizzabile), con una tecnologia perfettamente compatibile con i paradigmi attuali dell’industria microelettronica CMOS. Sebbene la compatibilità CMOS non sia specificatamente richiesta su substrato plastico flessibile, bisogna infatti considerare come un processo di crescita della componente grafenica compatibile con i processi produttivi di massa ad oggi di uso comune nella microelettronica a semiconduttore è attesa produrre un notevole vantaggio in termini di livello di manufacturing readiness.

Sulla superficie di germanio (110), il grafene cresce monocristallino come dimostrato in letteratura [10] e dagli stessi proponenti (G1). Recentemente è stato mostrato che la crescita del monocristallo sia possibile pure su un substrato vicinale di germanio (001) [9], su cui è stata confermata la mobilità ultraelevata dei portatori di carica.


Il principio di funzionamento del fotorivelatore

L’elevata mobilità del grafene e la sua intrinseca bidimensionalità rende possibile ed efficace la sua ibridizzazione con altri materiali; in particolare la conduttanza del grafene è fortemente perturbata dalla fotogenerazione di portatori in prossimità della sua superficie. Questo effetto è alla base del principio di funzionamento del fototransistor proposto, in cui si sfrutteranno l’elevate proprietà fotoassorbenti e la tunabilità spettrale dell’assorbimento di uno strato di QD colloidali semiconduttori (come PbS) depositato sopra al grafene ad elevata mobilità. Il grafene ad alta mobilità costituirà il canale del fototransistor, mentre i QD di PbS fungeranno da materiale fotoassorbente (vedi allegato Figura.pdf, pannello a). I fotoni incidenti saranno infatti assorbiti nei QD, generando coppie elettrone-lacuna. Come dimostrato in letteratura [12], la differenza fra le funzioni lavoro di grafene e QD di PbS provoca l’incurvamento delle bande con conseguente formazione di un potenziale elettrico interno di built-in all’interfaccia fra QD e grafene, che separa le coppie elettrone-lacuna, con il trasferimento di lacune nel grafene mentre gli elettroni rimangono intrappolati nei QD, dando origine, attraverso un accoppiamento capacitivo, ad un cambiamento della resistività del grafene (photogating). La risposta del fotorivelatore è inoltre modulabile attraverso la tensione di gate [12], permettendo così di controllare lo stato on/off del fotorivelatore e variare la sua risposta in base all’intensità della luce da rivelare. Un ulteriore elemento di tunabilità è rappresentato dalla responsività spettrale che è modulabile attraverso il controllo della dimensione dei QD (tunabilità dello spettro di assorbimento). Ne risulta che la sensitività può essere tunata in una regione spettrale molto ampia, compresa fra i 300 ed i 2000 nm per QD semiconduttori.


L’elevata mobilità del materiale grafenico che utilizzeremo rappresenta l’elemento innovativo cruciale della proposta e sarà fondamentale per determinare un aumento significativo del guadagno rispetto ai dispositivi finora realizzati. Il guadagno del dispositivo qui delineato è infatti determinato dal rapporto fra due tempi caratteristici: il tempo di vita degli elettroni intrappolati nei QD (τvita) rispetto al tempo caratteristico (τdrift) in cui le lacune fotoeccitate nei QD e trasferite al grafene driftano verso il contatto di drain per effetto della tensione di bias applicata fra source e drain. τdrift è inversamente proporzionale alla mobilità del grafene e, in un materiale grafenico ad elevata mobilità, i portatori possono ricircolare molte volte durante il tempo di vita τvita dei portatori intrappolati nei QD. Infatti, la conservazione della carica nel canale grafenico comporta il riempimento da parte del contatto di source di ciascuna lacuna che raggiunga il contatto di drain. Pertanto, a seguito di una singola foto-generazione elettrone-lacuna, molteplici lacune possono circolare nel canale grafenico, determinando un guadagno fotoconduttivo pari a G= τvita/ τdrift. Siccome, come detto in precedenza, il grafene su germanio che proponiamo di utilizzare possiede mobilità almeno un fattore 10 maggiore del grafene usato comunemente nei fototransistor su substrato flessibile, ci aspettiamo un pari aumento del guadagno fotoconduttivo. Grazie all’elevato guadagno consentito dalla mobilità del grafene e dal suo alto rapporto superficie/volume, il sensore potrà operare a basse potenze (Vsource-drain=1-10 V), assicurando ridotti consumi energetici. L’alta mobilità del canale grafenico assicura inoltre la rapidità della risposta del fototransistor.


Il fotorivelatore come sensore per il monitoraggio di segnali vitali

La pelle costituisce l’interfaccia ideale per i sensori che mirino a monitore lo stato di salute del nostro organismo attraverso la misura di segnali vitali. Quindi sensori indossabili per il monitoraggio di segnali vitali rappresentano un’opportunità rilevante per ottenere un miglioramento della qualità della vita in ampi strati della popolazione (malati cronici, atleti, bambini e neonati) e, più in generale, per assicurare un monitoraggio più capillare, semplice e socialmente accettabile della Salute pubblica.

Il monitoraggio ottico dei segnali vitali è tipicamente ottenuto tramite la fotopletismografia (PPG), una tecnica non invasiva che opera mandando luce di una lunghezza d’onda definita attraverso la pelle e misurando otticamente il cambiamento di volume dei vasi sanguigni a seguito del battito cardiaco. Commercialmente è una tecnica già di ampia applicazione per la misura della frequenza cardiaca, la saturazione arteriosa d’ossigeno ed una molteplicità di altri segnali vitali [13]. Ad oggi, tuttavia, i sensori PPG più diffusi in commercio sono basati su fotodiodi rigidi al silicio: sono oggetti quindi massivi, incompatibili con l’essere indossati. Inoltre godono di una ridotta conformabilità alla pelle, che ne può limitare l’accuratezza, rendendo la loro risposta notevolmente sensibile ai movimenti effettuati dal soggetto. La massività del sensore inoltre rende difficile e poco pratico il suo utilizzo per lunghi lassi di tempo, complicando monitoraggi prolungati e produce, in molti soggetti, un rifiuto psicologico ad utilizzare il sensore in pubblico per lo stigma che ne consegue.

Per tali ragioni, lo sviluppo di un sensore conformabile alla pelle, esteticamente poco impattante ed invasivo possiede un enorme potenziale di mercato.


La rivelazione della frequenza del battito cardiaco potrà essere effettuata in due modalità: in trasmissione ed in riflettanza (vedi allegato Figura.pdf, pannelli b e c). In riflettanza si userà come sorgente un diodo LED integrato che accoppierà la luce alla pelle (per esempio del polso). Il battito cardiaco, cambiando ciclicamente il volume dei capillari, produrrà una modulazione PPG della luce riflessa che sarà rivelata dal fotorivelatore grazie alla modulazione della sua fotoresistenza, secondo il principio descritto in precedenza. Inoltre, si testeranno anche misure in trasmissione (montando il sensore su un polpastrello, per esempio) utilizzando la sola luce ambientale. In questo caso si sfrutterà la larga regione spettrale di sensitività (che è limitata solo dalla gap dei QD, tunabile con la loro dimensione). Infatti le componenti a più alta frequenza della luce ambientale riescono a penetrare completamente attraverso i polpastrelli (fatto che si sfrutta nel design dei PPG massivi più comuni in commercio), potendo raggiungere quindi il fotorivelatore.

Per la rivelazione della saturazione arteriosa di ossigeno si sfrutterà il vasto intervallo spettrale di sensitività del fotorivelatore applicando la ben nota metodologia alla base dell’ossimetria pulsata [14]. Questa si basa sulla rivelazione delle pulsazioni PPG a due diverse lunghezze d’onda, tipicamente a 630 nm e 940 nm per cui è massima la differenza fra i coefficienti d’estinzione (assorbimento molare) dell’emoglobina e della deossiemoglobina.

Dal segnale fotorivelato sarà possibile anche estrarre la frequenza respiratoria, poiché l’atto respiratorio produce una modulazione periodica della baseline del segnale PPG che può essere facilmente evidenziata con una analisi di Fourier [15].

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